STORIE DAL TAICHI: utili metafore

In un corso di taichichuan si trova sempre più di quel che si cerca: a Brescia, anche aghi e mestoli.

Le immagini, si sa, si ricordano più facilmente delle parole. Anche la lingua cinese, che è la lingua del Taichichuan, ricorre alle immagini per descrivere alcune posizioni della Forma: abbracciare la tigre, accarezzare la coda del pavone, mani nelle nuvole…

Per i praticanti bresciani, tradizionalmente portati alla concretezza più che alla poesia, il maestro usa immagini del nostro quotidiano per farci capire ciò che le sole parole non possono spiegare.

Eccovi qualche esempio.

Immaginate di essere un ago da cucito. Adesso immaginate di essere percorsi da un filo di seta, che  scende dall’alto e passa rasente alla vostra colonna vertebrale.

E ora immaginate di cucire il cielo e la terra : l’ago scende, il filo passa sotto terra; l’ago risale e si trascina il filo. Tenete la schiena diritta – siete un ago, mica plastilina!

Fate una cucitura morbida, altrimenti il filo di seta si strappa. Fate una cucitura continua, evitate le interruzioni brusche nel movimento, altrimenti il filo di seta si ingarbuglia.

E ancora: pensate a un mestolo nella pentola del minestrone. Il suo movimento crea un moto circolare intorno a sé, davanti e dietro.

Immaginate di essere quel mestolo: il vostro movimento crea un piccolo vortice d’aria che vi deve circondare completamente. Sentite la vostra schiena: il movimento non avviene solo davanti a voi – voi ne siete il centro.

Sopra, sotto, davanti e dietro: siete il centro del vostro spazio!

(Dopo due ore di mestoli e minestroni, i praticanti tornano a casa affamati – ma questa è un’altra storia).